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Scusate il gioco di parole del titolo, ma era troppo divertente.

Swami Kuvalayananda
Swami Kuvalayananda

Come divertente sarà la parte «vissuta» di questo articolo, che è dedicato allo yoga per le anche partendo da una storia familiare.

Prima però vorrei parlare brevemente della yogaterapia, in una parte «seria» del mio articolo scritta con l’aiuto di chi più di tutti ha contribuito alla conoscenza dello yoga come terapia: Swami Kuvalayananda.

(Per sapere di più su questo maestro dello yoga contemporaneo, ti consiglio di leggere questo post sulla vita di Swami Kuvalayananda.)

Yogaterapia? No, sì, forse…

Ma andiamo con ordine: mentre noi  in Occidente stiamo ancora oggi discutendo se si possa o no dire «yogaterapia» o «terapia yoga», in India, nel 1963 (!) un medico e insegnante di yoga pubblicava un agile libro intitolato Yogic Therapy. Its Basic Principles and Methods (per ora disponibile solo in inglese). Quel medico era allora direttore delle ricerche al Kaivalyadhama Institute di Lonavla. L’Istituto, tuttora attivissimo, comprende un laboratorio di ricerca in cui il medico/insegnante di yoga da anni raccoglieva dati sugli effetti delle posizioni (asana), delle tecniche respiratorie (pranayama), dei «blocchi» (bandha), dei gesti (mudra), della meditazione (dhyana), proposti dallo yoga, che in quell’Istituto è considerato una disciplina (anche) curativa.

I risultati delle ricerche sono pubblicati da più di 50 anni tramite la rivista in lingua inglese Yoga Mimamsa, la più antica rivista di ricerca multidisciplinare sullo yoga, che dal 1924 pubblica articoli di ricerca scientifica e filosofico-letteraria in discipline yoga e affini.

Kuvalayananda, gli altri e le altre

Mentre noi in Occidente stiamo ancora oggi discutendo se si possa o no dire «yogaterapia» o «terapia yoga» (la ripetizione è voluta), nel Rajasthan, a Jaipur, fin dal 1961 opera il Centro di Ricerca e Cura Yoga. L’ospedale (perché di ospedale si tratta), dotato di una ventina di posti letto, è aperto a pazienti con problemi di diabete, asma cronica, rinite e patologie gastrointestinali.

L’ospedale fu diretto da Swami Anandanand, che nel 1969 aprì un nuovo istituto per la cura di malati affetti da insufficienza renale, in dialisi e pazienti con disturbi psichici, e in seguito fu diretto da una sua discepola, la dottoressa Pushpa Garg, che tuttora ne è la responsabile.

Un’altra donna, Christine Campagnac-Morette, mantenendosi «fedele allo spirito che anima il Centro di Ricerca e Cura Yoga di Jaipur» ha scelto alcune tecniche di yogaterapia, adattandole alla vita occidentale. E le ha raccolte in un libro, Prevenire e Guarire con lo Yoga, proponendo «depurazioni, posizioni, respirazioni e tecniche di concentrazione […] divise per tema e facilmente reperibili, finalizzate a migliorare, guarire o semplicemente prevenire un certo numero di disturbi organici».


Prevenire e Guarire con lo YogaPrevenire e Guarire con lo Yoga, di Christine Campagnac-Morette, Macro Edizioni

Un volume ricchissimo per approcciarsi allo yoga dal punto di vista della cura del proprio benessere e, conseguentemente, della prevenzione. Le numerose tecniche yoga e gli esercizi sono basati sugli insegnamenti dell’Ayurveda e dell’Hatha Yoga e sulle ricerche condotte nel Centro di Ricerca e Cure Yoga di Jaïpur, in India.


Un po’ per ridere… un po’ per non morire

Dunque ci sono stati e ci sono medici che da anni, per anni e ancora oggi studiano, ricercano, pubblicano e testimoniano con esperimenti, pubblicazioni e libri che lo yoga può essere terapeutico. D’altra parte, yoga significa anche «unione», «legame» e per guarire occorre ritrovare l’unità, il legame, tra la coscienza cosmica (paramatma) e quella individuale (jivatma), perché, secondo la teoria hindu, la separazione tra le due coscienze è la causa profonda dell’infelicità dell’uomo.

(Le) Anche (di) mia sorella…

… faceva yoga per curarsi, ma non lo sapeva!

Eccoci giunti alla parte «divertente» dell’articolo, che fin qui è stato forse fin troppo serio. Ma d’altra parte può esserci chi intende approfondire il tema e ora ha qualche notizia in più e mod, titoli e siti per studiare il fenomeno «yogaterapia».

Milano, interno notte, letto di mia sorella. Questa la location del racconto. Ero sua ospite per un giorno e al momento di dormire mi chiede la cortesia di guidarla in una serie di piccoli esercizi che il suo fisioterapista le ha assegnato per un problema alle anche. Mi dà il foglio, che si intitola «Esercizi per le anche» e riporta la descrizione di 5 movimenti da eseguire sdraiata, sul fianco e a pancia in giù. Cominciamo. Io leggo e conto, lei esegue:

Sdraiata

  1. Una gamba flessa in appoggio, l’altra stesa col piede a martello. Su è giù per 10 volte, pausa di 10 secondi, cambio gamba, 10 volte, riposo.
  2. Come sopra, ma col piede a martello rivolto verso l’esterno.
  3. Ponte: 10 volte+pausa di 10 secondi+10 volte+riposo

Savasi-asana

Un momento – penso – ma questo è yoga! Addirittura la posizione 3 si chiama proprio col nome di un asana, il ponte. E così mi metto a considerare gli esercizi da un altro punto di vista, mentre continuo a guidare la pratica di mia sorella: la posizione 1 mi fa pensare a savasi-asana, “la posizione possente” e la 3 è kandarasana, il mezzo ponte.

Kandarasana, il mezzo ponte

Sul fianco

  1. Gambe flesse a 90°; aprire le ginocchia tenendo i talloni uniti; 10 volte+pausa+10 volte+riposo

Per questo esercizio mi è venuta in mente supta-baddha-konasana, la posizione yoga in cui le gambe sono tenute (baddha) come nella posizione del ciabattino (konasana), ma siamo distesi (supta) sulla schiena. In questa posizione le articolazioni dell’anca si liberano completamente dalle tensioni, appunto. Se in più teniamo le braccia in alto, la respirazione diventa più completa; ma le braccia possono stare ai lati del corpo, rilassate e a palmi in su, o appoggiate sulla pancia.


supta baddha konasana

Supta-baddha-konasana

Questa immagine che mostra come eseguire supta-baddha-konasana è tratta dal libro Il Grande Libro della YogaTerapia, un testo ormai classico di Remo Rittiner, da poco ristampato in Italia. Ecco come Rittiner descrive questa posizione.
Effetti di supta-baddha-konasana: apertura del bacino e rafforzamento del pavimento pelvico

Esecuzione: da supino, piega le gambe e unisci le piante dei piedi, portando le ginocchia all’esterno.

Durante l’inspirazione: porta in alo le braccia ai lati della testa e premi le piante dei piedi l’una contro l’altra, nel contempo attiva i muscoli del pavimento pelvico.

Durante l’espirazione: riporta le braccia ai lati del corpo e unisci le ginocchia. Le gambe sono nuovamente appoggiate a terra.


Pancia in giù

  1. Sollevare alternativamente le gambe senza flettere le ginocchia, per 20 volte.

Questo è stato veramente l’esercizio che mi ha entusiasmato di più, essendo uguale-uguale alla posizione della mezza locusta, ardha-shalabasana!

Se, per aiutare una signora a curarsi le anche, un fisioterapista le consiglia, le prescrive addirittura, alcuni movimenti fisici (che sono yoga, anche se lui magari non lo sa), vuol dire che lo yoga può curare… o no? Possiamo dirlo? Possiamo unire la medicina e lo yoga? Possiamo pensare che corpo e mente siano insieme?

ardha-shalabasana
Foto tratta da “Il Grande Libro della YogaTerapia” di Remo Rittiner

È nato prima l’uovo o la gallina?

Da quel giorno in cui ho riscoperto che «tutto è yoga» (l’avevo già intuito negli anni Ottanta, ai tempi in cui studiavo la psicomotricità per bambini con problemi di dislessia), ogni tanto propongo a lezione questi «Esercizi per le anche», sicura del fatto che alcune posizioni dello yoga vengono usate come terapia (anche se si chiamano fisioterapia, osteopatia, back-school, riabilitazione respiratoria…). D’altra parte lo yoga è nato oltre 5000 anni fa (forse, nel senso che si sono trovate testimonianze datate a quei periodi antichi, ma non significa che non ce ne siano di più vecchie!) e Ippocrate viveva intorno al 400 a.C…. è nato prima lo yoga o la medicina?

Una riflessione finale

Discutere se lo yoga possa curare mi sembra una perdita di tempo. Perciò ben vengano articoli, libri, contributi, relazioni, serate, convegni che aiutino a capire una semplice verità: giacché contribuisce al benessere generale, lo yoga è terapeutico, senza per questo pretendere di guarire il cancro!

Se però, mentre facciamo le cure tradizionali per una malattia (anche grave) in cui siamo incappati, facciamo anche un buon rilassamento profondo, o impariamo a controllare il respiro, o visualizziamo immagini positive, o alleniamo il corpo per affrontare con più energia le terapie… non è meglio? Sì, lo è, ve l’assicuro per esperienza personale.

Anni fa ho vissuto un periodo difficile a causa di un cancro al seno. Sono sicura che lo yoga, insieme alle altre terapie, mi abbia curato, aiutato e supportato, mi abbia permesso di stare più tranquilla di fronte alle brutte notizie, di restare «serena» durante le lunghe pratiche di cure tradizionali. L’equazione respiro tranquillo = mente tranquilla basterebbe per tutto, non vi pare?

«La terapia yoga sta guadagnando sempre più popolarità ogni giorno.

Il paese [l’India, NdT] è pieno di piccole e grandi istituzioni e persone che pretendono di curare le malattie con metodi “yogici” e la maggior parte di questi sembrano funzionare bene! […]

Molti membri della professione medica stanno ormai apprezzando il contributo che lo yoga può offrire nel campo della fisioterapia e della riabilitazione di pazienti affetti da disturbi cronici. Sarebbe quindi avventato trattare la terapia con leggerezza o denunciarla come non scientifica»

liberamente tradotto da Kuvalayananda-Vinekar, “Yogic Therapy. Its Basic Principles and Methods”, New Dheli (1963)

Nello Shop on-line troverai una sezione dedicata al Femminile Sacro, promozioni e sconti sui libri.

Commenti

1 Comment

  1. Avatar di Alessandra Alessandra
    18 Luglio 2019 @ 8:22

    Lo yoga è certamente una cura per il corpo, ma anche una guida per la vita. Grazie maestra Cinzia i tuoi insegnamenti sono preziosi. Alessandra

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