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Riviste Scienza e Conocenza

Scienza e Conoscenza

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Armonie in disarmonia: la musica come strumento di potere e libertà

Con il mio libro “432 Hz la rivoluzione musicale”, revisionato e ampliato nell’attuale nuova Edizione Macro, desidero diffondere un concetto fondamentale: la musica, se da un lato meritatamente è definita “regina delle Arti”, d’altro canto viene spesso occultamente utilizzata come strumento di degrado della società.

La musica dovrebbe tornare a far parte del Quadrivium, in quanto espressione sonica della matematica e della geometria e, anziché renderla uno strumento di ingegneria sociale oscura ad opera di interessi lobbistici, dovremmo innalzarla a mezzo attraverso cui elevare la nostra estetica, i nostri stati emozionali e cerebrali, il nostro benessere psicofisico.

Musica e biologia umana

In quanto onde meccaniche, quelle musicali generano molteplici risposte neurofisiologiche e psicofisiologiche sull’essere umano, modificandone il contenuto emotigeno (vale a dire pensieri, ricordi o immagini mentali). È fatto noto che la musica sia in grado di potenziare le prestazioni sportive, venga impiegata negli allenamenti e vietata nelle gare, perché ritenuta una sorta di sostanza psicoattiva, un doping psicologico, che aumenta le prestazioni dell’atleta.

Stando alle ricerche di Costas Karageorghis, psicologo della Brunel University, la musica stimola il rilascio di massicce dosi di adrenalina, migliorando la prestazione di una certa percentuale di persone. Non è certo un caso che la musica sia stata impiegata in guerra da millenni, inizialmente con i canti di guerra, dal Canto della spada narrato in Genesi, 4, 23, ai peana dei guerrieri greci, con La Madelon dei soldati francesi nella prima guerra mondiale e così via.

Dal campo di battaglia alla cuffia: l’impatto della musica sulla mente umana

Dall’uso della voce e delle percussioni si è poi passati a strumenti musicali quali il flauto, dalle cornamuse scozzesi fino alle fanfare e a La cavalcata delle Valchirie del terzo atto de La Valchiria di Richard Wagner, con la quale i nazisti infiammavano gli animi delle folle, durante le parate nazionalsocialiste. Nella Germania nazista, Joseph Goebbels, Ministro del Reich per l’Istruzione pubblica e la Propaganda, oltre a istituzionalizzare l’intonazione a 440 hertz scrisse persino Das Römer, una canzone in memoria dei caduti longobardi durante l’invasione dell’Iberia romana, al fine di fomentare il popolo attraverso un’operazione di “psicostoria”, mentre il poeta Schatz Lilien comporrà qualcosa di analogo con i versi di Jugend in onore di Hermann Goering, Vice-Cancelliere del Reich.

In seguito, la musica è “andata in guerra” anche attraverso le cuffie che le forze militari americane impiegano, con la cosiddetta “playlist da trincea”: musica metal, death metal e rap, costituita da ritmi serrati, suoni distorti e dissonanti e/o testi dai contenuti troppo spesso estremistici e distopici, per aumentare l’adrenalina nei soldati prima di una missione operativa. Questo tipo di musica rigorosamente made in U.S.A. è persino utilizzata negli interrogatori e nella tortura, dai militari o dai servizi segreti.

La militarizzazione della musica non si è fermata qui. Il suono si è trasformato in un’arma, attraverso altoparlanti da combattimento, armi soniche non letali (LRAD), proiettili e bazooka sonici, ecc., adoperati durante i combattimenti contro il nemico, oppure contro la propria popolazione ad opera delle forze dell’ordine.

L’intonazione a 432 Hz

Nel mio libro “432 Hz: la rivoluzione musicale”, la mia intenzione non è quella di indire una crociata contro l’intonazione a 440 hertz in sé. Ciò che mi preme far comprendere alle persone è la natura prevaricante dell’atto con cui essa è stata investita ad intonazione standard a livello mondiale. È interessante inoltre che i fact checker, Wikipedia e numerosi siti siano sempre ostili a chiunque proponga intonazioni alternative e non muovano mai alcuna critica verso lo status quo.

L’intonazione a 440 hertz è stata una scelta arbitraria, per la quale non è stata portata alcuna valida motivazione o evidenza, né scientifica né artistica, che giustifichi un tale ruolo egemonico. Questo perché coloro che l’hanno promossa a reginetta incontrastata sono sempre gli stessi “giudici e giuria” di questo mondo, in cui si impone alle masse ciò che loro aggrada. Attraverso l’omologazione al diapason a 440 cicli per secondo, iniziata agli albori del Novecento, i francesi e gli italiani hanno finito per perdere le loro intonazioni storiche, mentre per i giapponesi le cose sono andate ben peggio, dopo l’avvenuta restaurazione Meiji, modo politically correct con cui gli storici definiscono la colonizzazione occidentale ai danni del Sol Levante.

Il Giappone, dopo l’infiltrazione iniziata dai gesuiti e dalle famiglie olandesi e inglesi, ha ricevuto il colpo di grazia sul fronte musicale attraverso i Gaijin a stelle e strisce. L’occidentalizzazione europea – di cui gli Stati Uniti sono stati vittima e poi strumento principale di propaganda – ha portato il popolo nipponico prima a conformarsi ad un sistema statuale di matrice occidentale, poi, poco alla volta, a perdere sempre di più la propria cultura. Parliamo di una matrice musicale dotata di alto valore estetico e lirico, imperniata sulla poesia visiva del Kabuki, del teatro tradizionale, se ne renda conto, anzi in modo tale che il condizionamento induca le stesse persone – in un primo momento vittime di condizionamenti – a difendere e diffondere poi come unica verità tutto ciò che i mass media propagandano.

Desidero concludere con una considerazione importante: sebbene la buona musica resta sempre tale, a prescindere dall’intonazione, dovremmo tuttavia riflettere in merito all’uso che facciamo dell’aggettivo “buono”: esso non è da attribuire tanto ai gusti soggettivi, quanto all’impatto oggettivo che il suono genera sul nostro sistema psicofisico. È vero che l’effetto della musica, così come quello di un farmaco, cambia da persona a persona, poiché entrano in gioco molte variabili, ma è indubbio che ci sia un effetto biologico sommatorio della qualità musicale o dell’inquinamento psicoemotivo acustico.

Grazie al libro “432 Hz”, potrete approfondire le svariate implicazioni citate in questo articolo. Prima di ascoltare inconsapevolmente ciò che viene propinato alla radio, alla TV e al cinema, ricordatevi della decennale ricerca acustica, condotta al fine di esercitare un condizionamento emozionale e una conseguente potenziale manipolazione della mente.

Che la buona musica sia con voi!

Riccardo Tristano Tuis

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