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Riviste Scienza e Conocenza

Scienza e Conoscenza

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La natura fondante e creativa del vuoto quantistico

A partire dagli anni Trenta, la comunità scientifica cominciò a guardare allo spazio vuoto con occhi nuovi. Come infatti disse il fisico britannico Paul Dirac al Congresso di Solvay del 1933, lo spazio vuoto andava considerato come la sede di un incessante ribollire di particelle, che continuavano a crearsi e ad annichilirsi.

Teoricamente ciò era spiegato dalla seconda formulazione del principio di indeterminazione di Heisenberg del 1927, in base alla quale su intervalli di tempo infinitesimi l’energia non è costante ma subisce delle fluttuazioni tali da poter giustificare la creazione estemporanea di particelle dal vuoto. Queste particelle hanno una vita così breve da non poter essere osservate sperimentalmente e per questo sono dette virtuali. D’altra parte, l’esistenza del vuoto quantistico può essere provata, come si è reso conto già nel 1947 il fisico statunitense Willis Eugene Lamb. Infatti è solo grazie a tale vuoto quantistico con le sue particelle virtuali che Lamb riuscì a giustificare con esattezza il valore dell’energia dell’unico elettrone di un atomo di idrogeno.

Una nuova visione dello spazio vuoto

Così, la visione dello spazio vuoto cambiò radicalmente: da spazio inerte, scenario passivo di ciò che conteneva, divenne un soggetto attivo e interagente con la materia. Con la teoria quantistica dei campi (QFT) il vuoto acquista addirittura il ruolo di protagonista, sottraendolo alle particelle materiali. Nello spazio vuoto, infatti, i fisici vedono solo campi caratterizzati da continue fluttuazioni energetiche. E nel caso in cui tali fluttuazioni si dimostrino stabili nel tempo, è possibile osservare quelle che consideriamo come particelle fisiche.

Se vogliamo usare una metafora, lo spazio vuoto è come il mare. La sua superficie, osservata da lontano, sembra piatta, ma avvicinandoci, ci rendiamo conto che è caratterizzata da infinite increspature che la animano e la rendono la sede di incessanti processi energetici. In alcuni casi è possibile che una di queste increspature perduri nel tempo e noi la osserviamo come particella.

Ecco il vuoto quantistico: l’insieme di tutte queste possibili fluttuazioni energetiche, da cui si scaturisce la realtà fisica. Una vera e propria matrice, nel senso etimologico del termine, ossia progenitrice o utero, che pervade e connette tutto quello che c’è e lo manifesta. Meglio ancora: è tutto quello che c’è!

David Bohm e il vuoto quantistico

Il vuoto quantistico può essere messo in relazione con l’ordine implicato del fisico David Bohm, con i campi morfici del biologo Rupert Sheldrake, o con l’energia oscura che pervade il nostro Universo e che ancora sfugge alle misure sperimentali.

Lo si può vedere come un infinito serbatoio energetico responsabile del continuo fluttuare delle particelle quantistiche. Un serbatoio a cui tali particelle possono attingere per attraversare barriere energetiche (il cosiddetto effetto tunnel) o per creare i domini di coerenza, individuati dai fisici italiani Giuliano Preparata ed Emilio Del Giudice.

Il vuoto quantistico ci ricorda con forza che la separazione non appartiene al nostro Universo, e che tutto è fondamentalmente connesso e manifestazione di un’unica matrice. Qualsiasi elemento di realtà, noi compresi, più che essere nel vuoto quantistico, è espressione del vuoto quantistico.

A livello personale ciò ci spinge a riflettere e a mettere in discussione il nostro atteggiamento, soprattutto quando nella nostra vita e nelle nostre relazioni ci muoviamo come se fossimo individui distinti, in continua opposizione e competizione. Oppure quando prendiamo delle decisioni che hanno ripercussioni su persone o ecosistemi che consideriamo altro da noi. Ma non è così, perché qualsiasi azione riguarda sempre ogni elemento dell’Universo, anche noi.

Solo prendendo atto di tutto questo e portandolo concretamente nelle nostre vite a ogni livello, potremo fare una vera rivoluzione quantistica, allineandoci così alle logiche universali!

Zagonel Chiara

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