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Musica, suono e linguaggio terapeutici

Musica e linguaggio si potenziano l’un l’altro. Le loro differenze ne rendono possibile l’utilizzo separato, ma la loro speciale compatibilità fa sì che tale utilizzo possa diventare terapia. Anzi, una strategia efficace di intervento terapeutico del suono risiede proprio nel fatto che linguaggio e musica sono diversi e differentemente elaborati e proprio per questo, l’uno può intervenire nel caso l’altro sia carente o inaccessibile.

Condotta musicale e condotta verbale, ripetiamo, sono fenomeni autonomi. E ben rappresentano il substrato di due mondi che hanno in comune la denominazione di linguaggio ma che, come è dimostrato, sono idiomi molto diversi. Diversi negli elementi di base, diversi negli usi, nei fini, nei meccanismi preposti alla loro attuazione. Tanto diversi che perfino la natura si è curata di affidarli a zone cerebrali ben distinte, mantenendo all’interno di ogni area le funzioni che li riguardano: percezione, elaborazione, memoria, apprendimento, produzione, e così via.

«Lo studio degli effetti di lesioni cerebrali – scrive Howard Gardner – ha documentato ripetutamente che sequenze musicali e linguistiche sono elaborate in modi diversi e che la capacità di elaborare tali materiali eterogenei può essere compromessa da lesioni diverse».

La Teoria delle intelligenze multiple

Abbiamo eletto Howard Gardner a portavoce di un concetto ormai accettato e condiviso, nel mondo scientifico. E lo abbiamo scelto, fra innumerevoli testimonianze ben più recenti, perché il suo libro principale affronta l’argomento del linguaggio secondo un’ottica singolare, vale a dire esaminandolo come una delle nove forme di intelligenza che l’essere umano possiede. In base a questa teoria – denominata appunto Teoria delle intelligenze multiple – le varie “intelligenze” sono abilità chiaramente delineate, tanto da poterne analizzare ciascuna separatamente in virtù delle sue componenti, del suo sviluppo, degli aspetti neurologici, di quelli interculturali e così via.

Riprendiamo dunque le parole di Gardner per affermare quanto è stato ripetutamente osservato nella pratica terapeutica: l’afasia non implica necessariamente un’insensibilità musicale o l’impossibilità di fare musica, così come un disturbo della sfera musicale non si traduce inevitabilmente in un’alterazione del linguaggio. Ancora una volta, abbiamo prova del fatto che il linguaggio verbale e quello musicale, pur vivendo in stretta connessione l’uno con l’altro, sono distinti e sono regolati – proprio per questo – da leggi specifiche.

VEDI ANCHE: Il Metodo Cavallari®: il suono terapeutico

Lo scrive anche Oliver Sacks nel suo Musicofilia, libro interamente dedicato alla musica e ai fenomeni collegati. Nelle righe riportate di seguito, l’autore prende in esame il linguaggio verbale e la musica in un doppio confronto: sia nei loro aspetti comuni, sia in quelli che li differenziano.

Il linguaggio verbale orale, di per se stesso, non è soltanto una successione di parole nell’ordine appropriato: ha inflessioni, intonazioni, tempo, ritmo e “melodia”. Linguaggio e musica dipendono entrambi da meccanismi di fonazione e articolazione che sono rudimentali negli altri primati; e anche per essere apprezzati e compresi, linguaggio e musica dipendono da meccanismi cerebrali distintamente umani, dedicati in modo specifico all’analisi di flussi di suoni complessi, segmentati e in rapido cambiamento. Ciò nondimeno, esistono fondamentali differenze […] nell’elaborazione cerebrale del linguaggio e del canto.

I compositori sfruttano spesso questa doppia competenza umana. A volte parole e musica vanno nella stessa direzione e allora si potenziano, producendo effetti amplificati. Altre volte, invece, seguono volutamente direzioni opposte, per evidenziare un aspetto peculiare o per dire qualcosa di più o di diverso, oppure per sorridere insieme agli ascoltatori attraverso il gioco delle contraddizioni. Chi di noi, da bambino, non ha mai associato parole pesanti, importanti o cariche di dolore, a una musica piena di brio? Per non parlare del contrario: brano triste e solenne con testo allegro, o addirittura scanzonato. Un effetto liberatorio, esilarante. (A chi non lo avesse mai fatto, consigliamo di provare. La risata è garantita).

Quando il sintomo non intacca la capacità di comprensione orale, anche le persone afasiche mantengono intatta l’abilità di cogliere l’umorismo racchiuso nelle incongruenze fra parola e suono, vale a dire il senso più profondo del linguaggio verbale e il senso più profondo della musica. Dimostrano così di avere mantenuto l’essenza della funzione comunicativa di entrambi i linguaggi, unita a una padronanza sufficiente a coglierne affinità e contrasti. Ne sono spesso sorpresi. Sempre gratificati. Divertiti. Innumerevoli volte il percorso di terapia del suono, sia pure impegnativo e laborioso, comincia proprio con il sorriso dei pazienti.

Lucia e Michele Cavallari

(autori del libro “Il Potere terapeutico del Suono”)

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